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Odissea: il viaggio di Ulisse, prima puntata al Teatro di Piazza Scammacca a Catania

Un nuovo modo di conoscere Ulisse con RaiTeche e la serietv Odissea Susanna Basile giornalista e psicologa vi racconterà perchè i siciliani sono così Greci con Naos Edizioni APS e @BCsicilia

by Susanna Basile
Ottobre 5, 2025
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Odissea: il viaggio di Ulisse, prima puntata al Teatro di Piazza Scammacca a Catania

Questo il testo dell’Odissea il viaggio di Ulisse. la prima puntata la trama e l’idea che Ulisse avesse fatto il periplo della Sicilia.

Partì da Troia e arrivò in Sicilia; poi Isole Eolie; poi Pantelleria; e poi di nuovo in Sicilia all’isola di Mozia, dove i Feaci lo attendevano. Conosce la figlia del re Alcinoo, la principessa Nausicaa che prova ad accompagnarlo ad Itaca, ma per forza di cose verrà rimandato sulla terra di Pantelleria e lì avrà due gemelli da Calipso: Nausitoo e Nausinoo.

Sembra proprio strano che i figli con Calipso che Omero chiamerà nell’Odissea Latino e Ausonio, quindi eponimi di relativi stirpi e invece nella Teogonia Esiodo li chiami Nausitoo e Nausinoo che hanno lo stesso prefisso e suffisso dei nomi dei Feaci addirittura Nausitoo era il nome del padre di Alcinoo nonché nonno di Nausicaa, e di solito si mette il nome dei nonni ai figli maschi.

In realtà i gemelli si sarebbero dovuti chiamare Laerte, padre di Ulisse e Alcinoo padre di Nausicaa: ma se ancora lui stava con Calipso come faceva a conoscere questi nomi? Vale allora la storia che dicevamo sopra, Ulisse aveva già conosciuto Nausicaa la quale potrebbe essere poi colei  la “greco siciliana” di Butler ad aver scritto il poema.

Per quanto riguarda i nomi un’analisi etimologica Nausinoo rimanda a Naus come navigazione e al nous come comprensione e sapienza, comprensione della navigazione, mentre Nausitoo, Naus sempre come navigazione e itoo da ἀθῷος che “non ha sofferto danno, incolume, non offeso, illeso, impunito, innocuo, non punibile”, e potrebbe essere “impunito nella navigazione”.

Ma tornando a Ulisse che vuole andare via da Calipso, sarà lì che Ermes, per intercessione di Atena, durante l’assemblea degli dei, convince Zeus a farlo andare via da Ogigia ovvero Pantelleria.

Ed è lì che stavolta i Feaci, che già sanno chi è, lo scorteranno ad Itaca.

L’inizio della nostra storia include la partenza di Telemaco, unico figlio avuto da Penelope, la “moglie ufficiale”, prima di partire per la guerra di Troia. Telemaco ossessionato dai principi Proci che vogliono spodestarlo, sposando la madre e uccidendo lui  prendere il potere, decide di andare alla ricerca del padre che nel frattempo, si trova su una zattera in balia della furia di Poseidone.

Stiamo seguendo le Orme di Samuel Butler che nel 1897 sviluppò una teoria secondo la quale l’Odissea non sarebbe stata scritta da Omero ma ad opera di una giovane donna siciliana, e i paesaggi descritti nel poema sarebbero quelli della Sicilia e delle isole vicine (teoria dell’origine siciliana dell’Odissea).

Tale teoria è formulata nel libro L’autrice dell’Odissea (1897) nonché nella traduzione e nelle note a piè di pagina della sua traduzione in prosa dell’Odissea.

Robert Graves elaborò tale ipotesi nel romanzo La figlia di Omero.

Questo il testo della prima puntata elaborata da Naos Edizioni utilizzando le puntate di Odissea della RAI del 1968. Su concessione di RAITECHE.

 

Il viaggio di Ulisse

L’azione si svolge in Grecia, nel tempo di leggenda più di tremila anni fa. Nell’isola di Itaca manca il re Ulisse partito per la conquista di Troia venti anni prima e mai ritornato. Sua moglie Penelope è ormai l’unica a credere che Ulisse sia ancora vivo.

 

La dea Athena si presenta nelle sembianze di un viaggiatore al figlio di Ulisse, Telemaco, per incoraggiarlo nella ricerca del padre. Il ragazzo e sua madre hanno una casa invasa dai giovani nobili di Itaca e altri nobili provenienti dalle isole vicine, che vogliono costringere Penelope a sposare uno di loro, oltraggiando la regina e minacciando Telemaco. I cittadini di Itaca accorrono all’appello di Telemaco.

 

Telemaco riporta la loro memoria a suo padre e chiede aiuto contro i suoi nemici. Infine chiede all’assemblea che gli diano almeno una nave per andare a cercare notizie di Ulisse. Nel frattempo giungono anche i pretendenti armati che disperderanno il popolo con la forza.

 

Telemaco decide di partire segretamente con una nave. Un servo fedele avverte Penelope che i pretendenti l’hanno saputo e cercheranno di ucciderlo al suo ritorno. Penelope adesso teme di aver perduto anche il figlio.

 

Il suo dolore si trasforma in ira contro i servi e contro la nutrice Euriclea, che ha visto partire Telemaco e non l’ha avvertita. Ulisse in quel momento è su una zattera sperduta nell’immensità del mare. Parla Poseidone, il dio tellurico dei flutti che tanto lo odiava, gli dèi hanno cambiato pensiero per Ulisse.

 

Egli già si avvicina ad una terra dove è destino che i suoi mali finiscano. Ma io voglio che ancora si sazi di dolore. Adunò le nubi e sconvolse il mare.

 

Con le nubi nascose ugualmente la terra e il cielo, e dal cielo cadde la notte. Una grande ondata sommerse la zattera, la incastrò su uno scoglio e gettò Ulisse lontano nell’acqua.

 

Assemblea degli dei

Zeus: Guardate come gli uomini danno la colpa agli dèi. Dicono che le sventure vengono da noi, ma sono essi, con le loro follie, ad aver dolori oltre la parte assegnata dal destino.

Athena: Oh padre nostro Zeus, figlio di Crono, a me il cuore si spezza per Ulisse, che è saggio e da tanto tempo soffre lontano dai suoi. Non ti commuove la sua sorte? Non ti era caro Ulisse quando faceva sacrifici accanto alle navi greche nella vasta pianura di Troia?

Zeus: Figlia mia, Atena, come potrei avere dimenticato Ulisse, che tanto superiore è agli altri uomini per ingegno e sapienza? Ma è Poseidone, lo sposo della terra, a covare odio e ira implacabile contro di lui, perché gli ha accecato il figlio. E non lo uccide, no, ma lo fa errare lontano dalla terra dei suoi padri. Ma Poseidone non potrà lottare da solo contro tutti, se noi tutti vogliamo che Ulisse giunga alla sua casa.

 

Approdo sull’isola dei Feaci

Poi Atena, figlia di Zeus, chiuse le strade agli altri venti, fece soffiare leggero Borea e con esso ruppe i flutti, davanti ad Ulisse.

 

Ed egli baciò la terra. E Ulisse disse al fiume, Signore, chiunque tu sia, a te arrivo fuggendo dal mare. Ora mi immergo nella tua corrente e mi proclamo tuo debitore, abbi pietà di me.

 

Ogni un uomo nasconde sotto la cenere, un tizzone, al limite estremo di una campagna, servando il seme del fuoco, perché non ha intorno vicini a cui chiederlo. Così Ulisse si coperse di foglie. Allora Atena versò il sonno sugli occhi.

 

Poi si recò nella città dei Feaci a preparare il suo arrivo. Come un soffio penetrò nella stanza dove dormiva una fanciulla di nome Nausicaa, le stette sopra la testa ed entrò nel suo sogno, prendendo la forma di una fanciulla a lei amica. E Atena disse, Nausicaa così trascurata ti ha fatta tua madre.

 

Le vesti sono là, ancora abbandonate da lavare. Per te si avvicinano le nozze, quando bisogna essere in ordine e il corredo deve essere pronto. Qui nel paese già molti dei giovani Feaci ti domandano, tu lo sai bene e non per molto sarai ancora ragazza.

 

Su andiamo a lavare al fiume, verrò anch’io ad aiutarti. Così ci sbrigheremo prima e avrai pronte le tue vesti. Fa preparare le mule per portare i panni.

 

Il viaggio sarà più facile così e poi è più comodo anche per noi. La strada non è poca. Su dunque potremmo andare appena spunta il giorno quando ti sarai svegliata.

 

All’improvviso, orrido, incrostato di salsedine, Ulisse apparve alle fanciulle che fuggirono spaventate. Solo Nausicaa restò a guardarlo. Atena le aveva messo coraggio in cuore.

 

Ulisse fu incerto se gettarsi alle sue ginocchia o pregarla da lontano senza spaventarla. Così disse, sei una dea o sei immortale? Sei così bella che mi sembri davvero una creatura divina. Una delle figlie immortali di Zeus.

 

Rispose Nausicaa, hai mai visto una figlia di Zeus lavare i panni in un fiume? Domandò di nuovo Ulisse, tu però non sei fuggita, non hai paura di me? Ribadì Nausicaa, paura no, perché dovrei avere paura? Ulisse con una espressione di umiltà, allora dimmi ti prego, che terra è mai questa? Ieri sera il mare mi ha buttato qui, su questa spiaggia, non so come ho potuto sopravvivere tutti questi giorni. Aiutami ti prego, non nascondo nel cuore nessun inganno. Non sono un uomo malvagio, ti prego di avere pietà di me.

 

E Nausicaa avendo pietà di lui gli rispose, lavati e vestiti le mie ancelle ti aiuteranno. Dopo che Ulisse si fu lavato e vestito, si mise in disparte sulla spiaggia. Nausicaa pensava fra sé, non è contro il volere degli dèi che quest’uomo è venuto fra noi.

 

Prima infatti mi pareva brutto e adesso somiglia agli dèi. Magari gli piacesse restare qui, abitare tra di noi.

Ulisse parlò, tre volte beati tuo padre e tua madre.

 

Tre volte beati i tuoi fratelli. Beato soprattutto colui che ti porterà nella sua casa. Nausicaa gli chiese se aveva fame.

 

Ulisse annuendo afferrò la mela che gli lanciò Nausicaa. Così Nausicaa gli disse, il mio nome è Nausicaa e tu come ti chiami? Il popolo dei feaci abita questa terra. Non devi temere nulla.

 

Io ti condurrò da mio padre.

Ulisse senza dirgli il proprio nome le chiese, chi è tuo padre? Rispose Nausicaa, Alcino re di questa gente, diffidi di me? E Ulisse senza paura rispose di no. Poi partirono verso il palazzo di Alcino.

Arrivo al Palazzo dei Feaci

La dea Atena parlò, questo è il palazzo che mi hai chiesto di indicarti. Lì troverai i feaci che ti attendono perché ormai sei stato avvistato. I feaci non amano gli stranieri, né si mostrano amici da chi viene da lontano.

 

Ti faranno molte domande e ti guarderanno con stupore e sospetto, ma tu non scoraggiarti, devi essere audace. L’uomo audace può superare qualsiasi prova, anche se non conosce il luogo in cui è capitato. E Ulisse rivolgendosi alla regina le disse, regina, io ti onoro.

 

Non ho né armi né intenzioni ostili e chiedo la tua ospitalità. Tu, il tuo sposo e la tua gente, possiate godere della sacra benevolenza degli dèi. Regina, in nome di Zeus, protettore degli ospiti, ti supplico di aiutarmi.

 

E così Atena gli disse, hai fatto bene a rivolgerti alla regina e il suo nome è Arete. È figlia di un fratello del suo sposo Alcino. Entrambi discendono da Poseidone e da Peribea, la donna nata da uno dei giganti.

 

Questa è la discendenza divina, di quelli che ora devi supplicare con accortezza e prudenza. Ma confida in Arete, è lei che mantiene la pace tra il suo popolo. Per questo il suo sposo la onora tanto.

 

Ulisse: Sono un marinaio e la mia patria è molto lontana. Molte sventure si sono accanite contro di me. Sì, va bene, ma ancora non ci hai detto il tuo nome.

 

Il nome di un naufrago? Di uno che non ha più né patria né averi? Che nome volete che abbia? Costui non sembra essere un uomo da poco. Sei solo, hai detto? Sì, regina. Quando sei naufragato sulla nostra costa? Ieri, sulla spiaggia vicino alla foce del fiume.

 

E la nave? E i compagni?

Compagni e nave li ho avuti, ma molto tempo fa.

E navigavi per questo mare da solo? Sì, regina.

E come? Su una zattera.

 

Diciotto giorni di viaggio. Non avevo più acqua. I viveri di scorta li avevo consumati tutti.

 

Avevo perso ogni speranza quando mi è apparsa la vostra terra.

Da dove vieni, straniero? Otto anni fa i venti e le correnti marine spinsero la mia nave verso occidente, dove non esiste nessun luogo abitato. Una tempesta distrusse la nave proprio sulle scogliere dell’isola Ogigia.

 

Tutti i miei compagni morirono. Io fui raccolto da una ninfa. Il suo nome è Calypso.

 

Mi curò e riuscì a farmi guarire, ma volle tenermi con sé tutti questi anni, malgrado la pregassi ogni giorno di lasciarmi andar via, di farmi tornare a casa. Poi, prima dell’ultima luna, mi lasciò andare. Così mi costruì la zattera e presi il mare.

 

Tu sei naufragato ieri, hai detto, e sei venuto da solo a Palazzo. E la veste che hai indosso appartiene a uno dei miei figli. Chi te l’ha data? Chi ti ha dato quella veste? Tua figlia.

 

È lei che ho incontrato per prima questa mattina sulla spiaggia, al fiume, quando mi sono svegliato. È lei per prima che ha avuto compassione di me.

Mia figlia è molto giovane, senza volerlo ha sbagliato.

 

Doveva condurti lei stessa qui e non tacermi il tuo arrivo. Non devi rimproverarla. L’ho pregata io di non farlo perché fosse chiaro il mio rispetto per lei e per timore che ti adirassi.

 

Adesso sei tu che sbagli. Nessuno dei feaci si adira senza ragione, ma tu hai rischiato molto. L’ospitalità per noi ha un grande valore perché abbiamo conosciuto la malvagità, l’invidia, l’avidità.

 

La nostra terra non era questa un tempo. Abitavamo un’isola vicina ai ciclopi che minacciavano continuamente la nostra pace. Mio padre decise allora di trasferire il suo popolo in un’isola che fosse lontana da ogni rotta.

 

Quest’isola, ma è un’isola? Non lo saprai mai, straniero. La nostra terra si chiama Scheria, ma i nostri fiumi e monti e spiagge non hanno alcun nome perché nessun viandante possa indicarli ad altri.

 

L’isolamento è il prezzo che paghiamo per la pace. È un prezzo molto alto, ma per un bene di grande valore. Ora capisci perché non ci piace che uno straniero giunga qui senza essere annunciato.

 

Riflessioni: la fuga

 

Perché non riposi? Non sei stanco? Mi pare che dovresti dormire. Il cielo dei Feaci è molto chiaro. È vero, le stelle qui sono molto più luminose.

 

I naviganti non possono perdersi sotto il nostro cielo. Quante volte ho guardato queste stelle per trovare la rotta. Per anni ho cercato in modo di puntare verso una terra che conosco.

 

La tua patria? Sì, ma nemmeno queste stelle così luminose me la indicano. Mi dicono solo che non è lontana. Lo capisco chiaramente dalla inclinazione del grande carro.

 

La tua buona sorte ti ha guidato perché è molto difficile sbarcare sulla nostra terra. Da qui invece ogni via è chiara. Le nostre navi sono governate dall’intelligenza umana e percorrono le strade del mare senza deviare mai.

 

Vedo che le tue navi hanno una mano. È un avvertimento. Non obbediscono a chi non ha intenzioni buone.

 

E questa perché la state costruendo qui? Perché non è destinata a navigare. Molto tempo fa mio padre predisse che una nostra nave un giorno avrebbe accompagnato in patria un uomo odiato da Poseidone e che forse il Dio si sarebbe adirato con noi. Ecco il perché di questa offerta votiva.

 

Vogliamo scongiurare lo sdegno del mare.

 

Mi sono lasciato provocare e ho avuto torto, ma per lunghi anni non ho conosciuto altro che la guerra. La guerra è rimasta dentro di me, perciò è bastato poco per risvegliare tutto il mio passato.

 

Voi mi avete conosciuto come uomo di mare. Non posso nascondervi di essere stato un guerriero.

Non ti abbiamo chiesto di giustificarti.

 

Quel giovane ti ha offeso, ma dimmi chi sei. Forse il tuo è un nome famoso a giudicare dal valore che hai mostrato. Non chiedere il mio nome, ma se pensi davvero che come guerriero io meriti la stima dei feaci, ti prego concedimi una nave perché io possa finalmente ritrovare la mia patria.

La narrazione del viaggio

Sono passati dieci anni dalla fine della guerra di Troia. Uno dei conquistatori greci non è mai ritornato, Ulisse, re di Itaca. Penelope, la regina, è tormentata dai giovani arroganti e malvagi che occupano la sua casa per costringerla a scegliere tra di loro il nuovo re dell’isola.

 

Intanto Ulisse, stremato, fa naufragio su una terra sconosciuta. Lo soccorre una fanciulla di nome Nausicaa che gli dice di essere la figlia del re dei feaci, Alcinoo. Dinanzi ad Alcinoo e agli anziani della corte, Ulisse nasconde la sua identità, ma chiede una nave per tornare in patria.

 

I feaci sono generosi, pacifici, rispettosi della volontà divina, ma la loro esistenza è dominata da un segreto. Questa nave non è destinata a navigare. Un giorno predisse mio padre, noi accompagneremo in patria un uomo odiato da Poseidone, il dio del mare.

 

È per placare la sua ira che l’abbiamo costruita, è un’offerta sacra. Nausicaa si innamora segretamente del misterioso naufrago, cerca di sapere chi sia, da dove venga. Ulisse, pur senza rivelarsi, le racconta di Calipso, la ninfa dai capelli d’oro, che lo ha tenuto prigioniero sette anni e che gli ha dato infine la zattera, avendo compreso che egli non poteva dimenticare la moglie, il figlio, la patria.

 

I feaci intanto hanno organizzato dei giochi ai quali Ulisse è costretto a partecipare perché sfidato dai giovani del luogo. Con grande stupore di tutti, egli li vince. Quella stessa sera, alla mensa di Alcino, giunge un cantore cieco.

 

Nausicaa lo presenta ad Ulisse, è Demodoco, uno scampato all’eccidio di Troia. Il cieco ricorda la tragedia della sua città caduta per l’astuzia di Ulisse. Questi, ascoltando, si commuove ed è costretto a rivelare la sua identità.

 

È lui Ulisse, la mente degli Achei, l’ideatore del cavallo

Tags: calipsocircenausicaaodisseasamuel butlerviaggio di ulisse
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