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Come allearsi con le parti cattive di sè di Richard C. Schwartz

"Come allearsi con le parti cattive di sé" ci spiega che siamo composti da una molteplicità di parti che dobbiamo imparare a conoscere e ascoltare. Ciò che propone Schwartz è “un nuovo approccio che si fondi sull’ascolto del messaggio, anziché sul tentativo di uccidere il messaggero”

by Susanna Basile
Luglio 27, 2025
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La scoperta delle parti

Ho scoperto una parte di me che non conoscevo.

C’è una parte di me che mi spaventa, non so come controllarla.

 

Quante volte come terapeuti, o anche nelle nostre interazioni quotidiane, abbiamo sentito espressioni del genere? Spesso le persone si riferiscono ai loro stati interni in questi termini, ma quasi sempre con sgomento, spaventati dalla percezione che dentro di loro alberghino sentimenti, credenze o impulsi che non rientrano nell’idea che si sono sempre rappresentati di se stessi o in conflitto con ciò che ci si aspetterebbe da loro.

 

Siamo cresciuti in una cultura in cui domina il paradigma di un’unica mente, in cui incoerenze e contraddizioni vengono etichettate come impulsi, credenze irrazionali ed emozioni disturbanti che vanno dominati, controllati e ridotti a più miti consigli. Chi non ci riesce è etichettato e identificato, da se stesso e dagli altri, con quelle stesse debolezze, con quegli stessi difetti.

 

Chi di noi non possiede qualche parte di sé che vorrebbe eliminare o modificare?

 

Ma quanto più ci sforziamo di mettere a tacere o di liberarci di emozioni e pensieri disturbanti, quanto più cerchiamo di incatenare gli impulsi facendo appello alla nostra forza di volontà, più essi diventano insistenti, ribellandosi all’esilio.

 

Erano gli anni ’80 quando Richard Schwartz, terapeuta di formazione sistemica, ha fatto conoscenza con le parti, arrivando a comprendere come le abbuffate delle sue pazienti bulimiche altro non erano che comportamenti dettati da parti interne che più si cercava di controllare e più si irrigidivano nel loro ruolo. Imparando ad assumere un atteggiamento meno controllante e più partecipe e curioso, ha compreso come queste parti interne agissero proprio come i bambini delle famiglie disfunzionali: non avendo una guida adulta protettiva e forte, assumevano su di sé ruoli distruttivi ma necessari a proteggere il sistema.

 

Come questi bambini sono costretti a diventare piccoli adulti eccessivamente controllati, responsabili o accudenti o piccoli tiranni, così queste parti interne portano su di sé fardelli personali o ereditati che le costringono ad assumere ruoli protettivi: alcune diventano sergenti istruttori che tiranneggiano costantemente, altre cercano distrazioni per non sentire il dolore o altre emozioni disturbanti, altre ancora diventano eccessivamente compiacenti o accudenti oppure ipervigili.

 

 

Il modello dei Sistemi Familiari Interni

Nel corso degli anni Richard Schwartz ha costruito il suo modello dei Sistemi Familiari Interni (Internal Family System – IFS), che descrive molto con accuratezza ed efficacia ciò che in terapia vediamo accadere di continuo, soprattutto nei pazienti traumatizzati, in cui queste dinamiche sono ancora più estreme. Negli ultimi decenni molti altri clinici e ricercatori nell’ambito del trauma sono giunti ad osservazioni analoghe e hanno descritto il mondo interno come composto di parti che più sono sconnesse tra loro e più conducono a sintomi e manifestazioni estreme. Solo raggiungendo una maggiore integrazione il sistema trova un suo equilibrio e si può arrivare alla guarigione (Van der Kolk, 2015; Van der Hart, Nijenhuis e Steele,  2016).

 

Non siamo monolitici ma composti di una molteplicità di parti che interagiscono costantemente dentro di noi e, anche quando alcune di queste ci procurano guai o sono difficili da gestire, non possiamo semplicemente disfarcene o ridurle al silenzio, ma al contrario dobbiamo imparare a conoscerle, ascoltarle. Solo così potremo creare con loro un legame di fiducia, premessa fondamentale perché le parti stesse ci conoscano e accettino di farsi da parte per lasciare al Sé la conduzione.

 

Perché così come ci sono molteplici parti protettrici, allo stesso modo, dice Schwartz, c’è un Sé: una parte curiosa, calma, fiduciosa e compassionevole presente in ognuno di noi che rappresenta chi siamo veramente e che, non appena le viene fatto spazio, si fa avanti ed è in grado di condurre la nostra vita da una prospettiva più centrata e “adulta”.

 

 

Com’è composto il sistema interno

Il modello dei Sistemi Familiari Interni disegna una vera e propria mappa del sistema interno:

 

Ben nascosti al nostro interno, ci sono “gli esiliati”, i bambini interni, parti più giovani, vulnerabili e sensibili, gravate dai fardelli più pesanti, cronicamente ferite e congelate nel passato traumatico. Sono le parti portatrici di emozioni terribili e responsabili di molti comportamenti estremi e interferiscono con la nostra capacità di funzionamento, per questo sono rinchiuse ben lontano da noi. Il loro esilio, però, ci priva anche di risorse preziose di cui sono portatrici al loro stato naturale, quando non sono gravate dai fardelli.

A tenerci lontani dagli esiliati ci pensano “i manager”, parti oppresse da pesanti fardelli di responsabilità che controllano il mondo esterno per evitare qualsiasi evento che possa attivare gli esiliati. Sono i nostri critici interiori, le parti che ci portano a prenderci cura compulsivamente degli altri, o a compiacerli, le parti ipervigili o intellettuali.

Anche “i pompieri” sono parti protettrici che mirano a tenerci lontani dagli esiliati, ma mentre i manager tentano di controllare il mondo esterno, esse controllano il mondo interno: si attivano in situazioni di emergenza, quando gli esiliati riescono a fuggire dall’esilio e hanno l’obiettivo di spegnere quel tipo di emozioni attraverso la distrazione, l’alienazione, lo sballo, la dissociazione, fino al suicidio.

Le interazioni fra queste diverse parti tendono a polarizzarsi, in cicli di retroazione sempre più distruttivi. Opporsi alle parti protettive le rende solo più forti e ricacciare gli esiliati li rende sempre più soli e sofferenti.

 

Ciò che propone Schwartz è “un nuovo approccio che si fondi sull’ascolto del messaggio, anziché sul tentativo di uccidere il messaggero” (Schwartz, 2023, p. 69).

 

Riappropriarsi del proprio sé

Ciò che questo volume sottolinea con forza è infatti l’idea che non ci sono parti “cattive”, ma parti gravate dai fardelli derivati dalle loro esperienze negative, costrette ad assumere ruoli che non amano e che impediscono l’emergere delle loro vere qualità. Queste parti sono congelate al tempo del trauma, quando il nostro “Sé” era troppo giovane per affrontare adeguatamente quelle esperienze difficili e dolorose. I protettori hanno dovuto farsi carico di questa responsabilità, perdendo fiducia nella capacità del Sé e irrigidendosi in ruoli talvolta estremi e pericolosi che non amano. Ogni parte, per quanto terribile possa sembrare, ha una storia dolorosa da raccontare e fardelli di cui desidererebbe liberarsi. Le parti non sono i loro fardelli così come le persone non sono le loro parti. Accostandosi a queste parti con ascolto e rispetto è possibile imparare a conoscerle, comprenderle, separarsi da esse e allo stesso tempo connettersi, stabilendo quel legame di fiducia necessario a far sì che accettino di farsi da parte, lasciando al Sé ormai adulto la conduzione della vita della persona. Il Sé agisce come un genitore ideale che con amore e fermezza guida il bambino nell’esplorazione del mondo, dotato di calma, pazienza, fiducia, compassione, curiosità, creatività, chiarezza, coraggio e capacità di connessione.

 

Schwartz accompagna il lettore in questo percorso di liberazione e di riappropriazione del proprio Sé con numerosi e preziosi esercizi ed estratti di sedute che aiutano non solo a comprendere ma a sperimentare in prima persona quanto propone il suo modello.

 

Ma le sue considerazioni si spingono oltre il singolo individuo e nella seconda parte del volume molto spazio è dedicato alle implicazioni sociali di questa concezione.

 

Le parti nelle relazioni interpersonali

Quando siamo sotto la guida delle nostre parti protettrici, sono loro che entrano in relazione con le persone che ci circondano, anzi, si mettono in relazione con le parti protettrici di chi è intorno a noi. Allargando il pensiero sistemico alla società, alla politica e all’economia, l’autore sostiene la necessità di uscire da una visione negativa della natura umana che inevitabilmente porta ad aspettative negative e a profezie che si autoavverano. Ogni persona è un sistema, ogni famiglia, ogni gruppo sociale è un sistema, la Terra è un sistema. Le nostre parti ambiziose, egoiste e coercitive hanno preso il sopravvento e se non diamo ascolto ai segnali andiamo incontro ai rischio di autodistruzione. Così come le parti protettive quando si estremizzano portano la persona a comportamenti autodistruttivi, lo stesso succede nei sistemi più ampi.

 

C’è molta speranza e molta forza nel messaggio di Schwartz: così come le parti protettrici sono contagiose e attivano i protettori negli altri, anche il Sé è contagioso. Se riusciamo ad andare oltre le nostre paure e a conoscere le nostre parti interne, anche e soprattutto quelle che più ci mettono in difficoltà, se impariamo ad amare ed apprezzare queste parti, allora saremo in grado di amare ed apprezzare tutte le persone, anche quelle che ci ricordano queste parti. E saremo in grado di aiutare gli altri a fare altrettanto.

Tags: Richard C. Schwartz
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