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Circe compare, come dea, per la prima volta nell’Odissea, quale abitante nell’isola favolosa di Eea

La Maga Circe è un personaggio della mitologia greca, presente nell’Odissea di Omero e in altre fonti letterarie antiche. Secondo la leggenda, Circe era figlia di Helios, il dio del Sole, e di Perse, una ninfa marina. Era famosa per le sue capacità di trasformare gli uomini in animali con il suo canto e con il suo veleno, e per questo era temuta e rispettata da tutti

by Susanna Basile
Maggio 2, 2025
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La Maga Circe è un personaggio della mitologia greca, presente nell’Odissea di Omero e in altre fonti letterarie antiche. Secondo la leggenda, Circe era figlia di Helios, il dio del Sole, e di Perse, una ninfa marina. Era famosa per le sue capacità di trasformare gli uomini in animali con il suo canto e con il suo veleno, e per questo era temuta e rispettata da tutti.

Secondo la storia raccontata nell’Odissea, il famoso eroe greco Ulisse si imbatte nella Maga Circe durante il suo viaggio di ritorno a Itaca. Circe invita Ulisse e i suoi compagni nella sua casa e offre loro da bere una pozione che li trasforma in maiali. Ulisse, però, è protetto dal filtro magico che gli ha dato la dea Atena, e riesce a resistere all’effetto del veleno. Grazie al suo coraggio e alla sua astuzia, Ulisse riesce a sconfiggere Circe e a liberare i suoi compagni.

In seguito, Ulisse e Circe diventano amanti e vivono insieme per un anno nella sua isola. Quando Ulisse decide di tornare a casa, Circe gli fornisce informazioni preziose su come affrontare i pericoli del viaggio e gli dà una bussola magica che gli permette di tornare sani e salvi a Itaca.

La storia della Maga Circe è diventata famosa in tutto il mondo e ha ispirato numerose opere di arte, letteratura e spettacolo facendo conoscere San Felice Circeo in tutto il mondo. È stata anche utilizzata come simbolo della seduzione e del potere femminile, ed è stata spesso associata all’immagine della donna fatale e pericolosa.

 

L’incontro tra la maga Circe e Ulisse è descritto nell’Odissea, un poema epico scritto dal poeta greco Omero. Secondo la storia, Ulisse, il famoso eroe greco, si trovava in viaggio di ritorno a casa, sull’isola di Itaca, dopo la guerra di Troia. Durante il suo viaggio, incontrò la maga Circe, che viveva in una grande casa su un’isola lontana.

Circe era famosa per il suo potere di trasformare gli uomini in animali con l’aiuto della magia. Quando Ulisse arrivò sull’isola, la maga lo invitò a entrare in casa sua, offrendogli una coppa di vino magico che lo avrebbe addormentato. Ulisse, però, era stato avvertito dei poteri di Circe da Hermes, il messaggero degli dei, e aveva portato con sé un filtro che gli avrebbe impedito di addormentarsi.

Quando Circe vide che il suo incantesimo non funzionava, cercò di trasformare Ulisse in un maiale, ma lui estrasse la spada e minacciò di ucciderla se avesse tentato di nuovo di usare la magia su di lui. Circe allora si arrese e promise di non fare del male ad Ulisse o ai suoi compagni. Invece, li invitò a rimanere con lei per un po’ di tempo, offrendo loro cibo e vino e trattandoli con grande ospitalità.

Ulisse e i suoi compagni passarono un anno con Circe, godendo della sua ospitalità. Alla fine, però, Ulisse decise che era arrivato il momento di tornare a casa. Circe gli diede le indicazioni per il viaggio e gli augurò buona fortuna. Ulisse e i suoi compagni partirono, ringraziando Circe per la sua ospitalità e promettendo di ricordarla sempre.

Così, Ulisse e i suoi compagni continuarono il loro viaggio verso Itaca, affrontando molti pericoli e superando molte difficoltà lungo la strada. Alla fine, arrivarono sani e salvi a casa loro, dove Ulisse fu accolto come un eroe e un grande capo.

 

Circe compare, come dea, per la prima volta nell’Odissea, quale abitante nell’isola favolosa di Eea.

«E arrivammo all’isola Eea: vi abitava

Circe dai riccioli belli, dea tremenda con voce umana»

Figlia di Elio e della ninfa Perseide, i suoi fratelli sono Eete (re della Colchide e padre di Medea), Pasifae (moglie di Minosse e madre di Fedra, di Arianna e del Minotauro) e Perse. Secondo un’altra tradizione è figlia del Giorno e della Notte. Stando invece a quanto riporta Euripide nella Medea, quest’ultima viene descritta come figlia dei sovrani della Colchide, ossia Eete e Ecate. Essendo Eete figlio del Sole (e così si spiegherebbe l’etimologia del nome Eete, da ἕως [eos], aurora, sole), dunque Circe sarebbe sorella del re e zia di Medea (mortale).

 

Omero colloca l’isola ad Oriente (cfr. XII,3: νῆσόν τ’ Αἰαίην, ὅθι τ’ Ἠοῦς ἠριγενείης/οἰκία καὶ χοροί εἰσι καὶ ἀντολαὶ Ἠελίοιο); la tradizione successiva identificherà questa con il promontorio Circeo nel Lazio[3].

 

La sua dimora è in un palazzo circondato da un bosco, abitato da festose bestie selvatiche

L’incontro con Ulisse

Ulisse, dopo aver visitato il paese dei Lestrigoni, giunge all’isola di Eea. L’isola, coperta da fitta vegetazione, sembra disabitata e Ulisse invia in ricognizione parte del suo equipaggio, sotto la guida di Euriloco. In una vallata gli uomini scoprono che all’esterno di un palazzo, dal quale risuona una voce melodiosa, vi sono animali selvatici. Tutti gli uomini, con l’eccezione di Euriloco, entrano nel palazzo e vengono bene accolti dalla padrona, che altro non è che Circe. Gli uomini vengono invitati a partecipare a un banchetto ma, non appena assaggiate le vivande, vengono trasformati in maiali, leoni, cani, a seconda del proprio carattere e della propria natura. Subito dopo, Circe li spinge verso le stalle e li rinchiude.

 

«E quella, subito uscì e aprì le porte splendenti

e li invitò: essi, stolti, tutti insieme la seguirono.

Euriloco invece rimase indietro: sospettò l’inganno.

Ella li condusse dentro, li fece sedere su sedie e seggi,

e per essi formaggio e farina e giallognolo miele

mescolò con vino di Pramno; e nell’impasto aggiunse

veleni funesti perché del tutto scordassero la patria terra.

Ma quando a loro lo diede ed essi bevvero, allora subito

li percosse con la sua verga e li rinchiuse nel porcile.

Ed essi di porci avevano e testa e voce e peli

e tutto il corpo, ma la mente era intatta, come prima.

Così quelli piangenti furono rinchiusi; e a loro Circe

buttò ghiande di leccio e di quercia e corniolo,

quali sempre mangiano i porci che dormono per terra.(Od. X,230-243)»

 

 

Euriloco torna velocemente alla nave e racconta a Ulisse quanto accaduto. Il sovrano di Itaca decide di andare da Circe per tentare di salvare i compagni. Dirigendosi verso il palazzo, incontra il dio Ermes, messaggero degli dèi, con le sembianze di un ragazzo cui spunta la prima barba, che gli svela il segreto per rimanere immune ai suoi incantesimi: se mischierà in ciò che Circe gli offre da bere un’erba magica chiamata moly, non subirà alcuna trasformazione; quando ella lo toccherà con la sua verga, egli dovrà gettarsi contro di lei come per trafiggerla con la spada.

 

 

Odisseo e Circe, da un vaso attico a figure rosse (ca. 440 a.C.)

Ulisse raggiunge Circe, la quale gli offre da bere (come aveva fatto con i suoi compagni), ma Ulisse, avendo avuto la precauzione di mescolare il moly con la bevanda, non si trasforma in porco. Seguendo le indicazioni di Ermes, l’eroe sguaina la spada, al che ella riconosce la propria sconfitta e ridà forma umana ai compagni di Ulisse e anche a tutti gli altri tramutati in porci.

 

Dopo un anno, Ulisse è costretto a cedere ai desideri dei suoi compagni, che vogliono tornare a casa; chiede, dunque, a Circe la strada migliore per il ritorno, e la dea gli consiglia di visitare prima gli inferi e di consultare l’ombra dell’indovino Tiresia. Al ritorno dagli inferi, Circe darà ad Ulisse numerosi suggerimenti su come superare al meglio le successive difficoltà lungo la strada per Itaca.

 

Secondo la tradizione, Circe ebbe un figlio da Ulisse, Telegono.

 

Circe: dea o maga?

La figura di Circe appare per la prima volta nell’Odissea dove viene chiaramente e ripetutamente indicata come dea. Questa dea, figlia di Elio, il dio Sole e della ninfa oceanina, Perseide, ha il potere di preparare dei potenti “pharmaka” con i quali trasforma a sua volontà gli uomini in animali. Tale trasformazione non fa perdere agli sventurati il proprio nous (“consapevolezza”).

 

Il termine e la nozione greca di mágos era del tutto sconosciuto all’autore dell’Odissea in quanto introdotto secoli dopo da Erodoto per indicare i sacerdoti persiani.

 

Con il termine moderno di “mago” si indica comunemente un personaggio che esercita la magia, gli incantesimi, che prepara potenti “pozioni” magiche, un essere dotato di poteri soprannaturali. Tale termine entra in lingua italiana già prima del XIV secolo proveniente dal latino magus, a sua volta dal greco antico mágos, a sua volta dall’alto persiano maguš. Se l’etimologia è chiara e diretta, i significati nell’antichità erano molto diversi da quelli moderni.

 

«Nel caso della cultura greca e di quella romana, tuttavia, è proprio sul piano linguistico che si annida il rischio maggiore: data l’origine greco-romana del termine “magia” (mageia in greco, magia in latino), si potrebbe infatti essere portati ad attribuire, fosse anche inconsapevolmente, alle parole antiche un significato moderno, estraneo al loro orizzonte culturale.»

 

 

«Il termine mágos, e i suoi derivati magheía, maghikós, magheúein, sono attestati in greco fin dall’epoca classica, e forse anche un poco prima. La loro origine è chiarissima: la parola proviene dall’universo religioso dei Persiani, in cui il mágos è un prete, o in ogni caso uno specialista della religione. È Erodoto a parlarcene per primo: i mágoi che formano una tribù o società segreta persiana, hanno la responsabilità dei sacrifici reali, dei riti funebri, della divinazione, e dell’interpretazione dei sogni. Senofonte li qualifica come “esperti” in “tutto ciò che concerne gli dèi”.»

 

 

È quindi Erodoto che introduce il termine nella lingua greca adattandolo dall’alto persiano e lo fa per descrivere il sacrificio dei Persiani atto a rendere favorevole l’attraversamento dell’esercito di Serse del fiume Strimone. I mágoi immolano dei cavalli bianchi, ma Erodoto, descrivendo la bellezza, quindi l’esito positivo del sacrificio da parte dei sacerdoti persiani, utilizza un verbo che non appartiene alla tradizione cultuale greca, pharmakeuein (cfr. VII, 113). Tale termine nella lingua greca indica piuttosto delle preparazioni rituali che possono avere, come nel caso di medicinali o di veleni, degli effetti opposti. Erodoto ritiene che il rito persiano sia piuttosto una sorta di preparazione “potente”, certamente con delle connotazioni negative, come parte della loro cultura religiosa è agli occhi del greco Erodoto. Allo stesso modo lo storico greco indica le intonazioni sacrificali dei Persiani che richiamando la propria teogonia suonano all’orecchio di Erodoto non come una preghiera rituale quale si riscontra nella pratica cultuale del greco, ma come una “epode”, un incantesimo.

 

Saranno proprio questi termini, pharmaka ed epodai collegati da Erodoto ai magoi a generare nella cultura greca quel malinteso che inventa la nozione di “magia” in Grecia.

 

Per questa ragione «nell’Odissea Circe non è una maga (e in termini greci, non potrà esserlo prima del V secolo a.C.)» ma solo «una dea terribile, che trasforma arbitrariamente gli uomini in animali»[6].

 

.

 

 

Meta fissa degli escursionisti della Riviera di Ulisse più curiosi e appassionati di misticismo è il Picco di Circe, il punto più alto del Monte Circeo e dell’intero circondario,  che offre un panorama traboccante di poesia sul territorio pontino.

 

Ma che c’entra il promontorio del Circeo con l’isola di Eea, dimora – secondo l’Odissea, libro X – della Maga Circe?

 

L’isola che non c’è (più) – Ulisse, salito su una roccia, si rende conto immediatamente di essere su un’isola poiché circondato a 360 gradi dall’acqua: “il pelago tutto d’intorno la stringe e ghirlanda“. Circe ne abitava proprio il centro.

 

Non si tratta, però, di un’invenzione storica o di un pretesto narrativo; ed è proprio per questo che gli studiosi, ancora oggi, sono alla ricerca di una risposta ufficiale e univoca al rompicapo. Quale territorio coincide, adesso, con l’isola di Eea?

 

Pangea

L’ipotesi più accreditata è quella portata avanti anche dal geografo greco Strabone e che vede protagonista il promontorio del Circeo: il problema è che, ai giorni nostri, appare attaccato alla terraferma. Tuttavia, l’evoluzione geologica del nostro Paese, dell’intero continente e, ancora più in là nel tempo, della Pangea ci ha abituato a non ragionare per comparti stagni. Alcune delle isole moderne, un tempo, sono state penisole e soltanto in un momento successivo si sono staccate dall’area continentale e, viceversa, alcuni territori che attualmente appaiono persino sommersi o inglobati alla costa potrebbero essere stati sepolti dall’acqua o assorbiti con il passare dei secoli.

 

In effetti, il Circeo in passato era una penisola e molti studiosi hanno avanzato l’idea che, probabilmente, in un’epoca molto remota e antecedente alla bonifica delle paludi, si conformasse proprio come un isolotto, magari collegato alla terra soltanto da una piccola spiaggia. Una teoria che verrebbe confermata dalla presenza di una grotta che viene definita proprio “della Maga Circe” e di alcune rovine del “Tempio di Circe (o di Venere)“, dove venne rinvenuta la testa di una statua dedicata alla divinità; e, a questo proposito, c’è un mito da sfatare. Il termine maga, infatti, non è altro che un modo popolare (e non greco!) di riferirsi ad una dea, anche se persistono ancora dubbi sulla vera natura di Circe nel poema omerico.

 

Qualcuno ha anche pensato che il promontorio, visto da lontano, potesse apparire come un’isola: d’altronde, la leggenda vuole che il profilo superiore, con i suoi picchi e le sue irregolarità, rappresenti proprio il viso o la figura sinuosa sdraiata della maga!

 

Ma altri storici hanno spostato lo sguardo verso territori limitrofi: alcuni hanno visto Eea nel circondario di Terracina, anche grazie al tempio della dea Feronia che, sempre secondo il parere di questo gruppo di esperti, potrebbe venir identificata con Circe.

 

Altri, invece, si sono riferiti alla vicina isola di Ponza.

 

Altri ancora, analizzandone storia, posizione e morfologia, si sono convinti che l’isola coincidesse con Ustica.

 

Ma le interpretazioni sono davvero tante e molto diverse tra loro: qualcuno ha parlato di Lussino, un’isola della Croazia nell’alto Adriatico che, però, si trova nel versante opposto rispetto alla costa laziale; qualcun altro addirittura della Sardegna o di un’isoletta nei suoi pressi.

 

Fatto sta che, seguendo il percorso compiuto da Ulisse durante il suo viaggio, il litorale della Riviera di Ulisse – in una meta più o meno precisa tra Terracina ed il Circeo – sembra davvero il più plausibile per chiudere questo cerchio.

 

Ulisse e Circe – Circe, Nausicaa e Calipso sarebbero, secondo il mito, le tre donne che Ulisse avrebbe sedotto e abbandonato; con qualcuna visse addirittura anni d’amore, ma senza mai perdere di vista il vero obiettivo del suo viaggio, cioè tornare a casa dalla sua famiglia. La Maga Circe viene ricordata anche per il fatto che trasformò i suoi compagni in porci.

 

Telèmaco

(gr. Telémachos, lat. Telemachus)

 

Nascita e fanciullezza

Figlio di Odisseo, re di Itaca, e di Penelope, nato poco prima della partenza del padre per la spedizione contro Troia. Il suo nome gli deriva da tale circostanza: «Tele-maco», ovvero «colui che combatte lontano», allude appunto allo status del padre, combattente in un luogo remoto dalla patria. Tradizioni estranee ai poemi omerici narrano che per amore di Telemaco Odisseo fu costretto a prender parte alla spedizione achea: mentre l’eroe itacese si fingeva pazzo per essere esonerato dall’impegno preso con Menelao, Palamède finse di aggredire Telemaco; allora Odisseo intervenne, rivelando la propria sanità di mente.

 

Telemaco nell’Odissea

Durante l’assenza del padre Telemaco crebbe con Penelope e con Mèntore, il compagno di Odisseo cui era stato affidato. Egli è appena un ventenne all’inizio dell’Odissea, i cui primi quattro libri erano noti in antico con il titolo di Telemachìa («poemetto su Telemaco»). Il ragazzo deve fronteggiare i pretendenti alla mano di Penelope, che si sono insediati presso la reggia di Odisseo e divorano impunemente il patrimonio del sovrano. Giovane, poco esperto e perciò vilipeso dai Proci, Telemaco indice una pubblica assemblea in cui denuncia il comportamento dei tracotanti principi. Quindi, su consiglio di Atena che protegge tanto Odisseo quanto suo figlio, parte in segreto per una spedizione alla ricerca del padre, che lo porterà a visitare le corti di Nèstore a Pilo e di Menelao a Sparta. Al suo ritorno, ancora assistito da Atena, egli si reca alla capanna del porcaro Eumèo, dove incontrerà finalmente il padre reduce dal suo viaggio e travestito da mendico. Con lui e con Eumeo Telemaco parteciperà alla strage dei Proci.

 

Telemaco e Circe

Secondo Esiodo (fr. 221 Merkelbach-West) Telemaco avrebbe sposato la figlia di Nestore, Policasta, che stando all’Odissea, conobbe il figlio di Odisseo durante la sua visita a Pilo. Secondo una tradizione extraomerica, Telemaco, divenuto adulto, avrebbe sposato la maga Circe, figlia di Elio e già amante di Odisseo, dal quale aveva avuto Telègono. Questi, giunto ad Itaca e non conoscendo né Odisseo né il fratellastro Telemaco, fu da essi coinvolto in una rissa nella quale uccise senza saperlo proprio suo padre. Su ordine di Atena, Telegono, Telemaco e Penelope si recarono nell’isola di Eea, sede di Circe: quest’ultima sposò allora il figlio di Odisseo mentre Penelope prese per marito il figlio di Circe. Dall’unione di Circe e Telemaco sarebbe nato Latino, capostipite ed eponimo dei Latini.

Tags: circeeeaulisse
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