Susanna Basile
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Toy Boy ovvero il permesso di essere belli “onesti” e tontoloni

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La serie Tv spagnola ambientata a Marbella in Andalusia, Toy Boy o meglio il Tonto Boy su Netflix a parte il titolo che mi riguarda personalmente come psicosessuologa: il toy boy è il giovane belloccio che si accompagna alla signora piacente ed è quindi al suo servizio tra pagamenti in regali e mantenimento, ci ha fatto molto divertire in tutti i sensi. La trama della serie racconta la storia di uno spogliarellista, Hugo Beltrán, che dopo una festa/orgia per ricchissimi, molto elegante, molto fetish ma anche molto scontata, finita con l’abuso di alcool e droga, sennò che festa è, si risveglia su una barca insanguinato e con accanto un cadavere. Subito dopo, si scopre che la persona assassinata, forse, è il marito dell’amante di Hugo, la signora ricchissima e bellissima che lo mantiene, Macarena Medina. Hugo, il tonto boy, viene dichiarato colpevole e condannato a quindici anni di carcere. Sette anni dopo riceve la visita di una giovane avvocatessa Triana Marín, che mandata da qualcuno, deve provare la sua innocenza. A questo punto Hugo lotterà per scoprire la verità e capire chi è stato a incastrarlo e perché. E lo farà in maniera così maniacale che tutti noi vorremmo aprire la porta di casa e andarlo ad aiutare, basta che si finisca questa “irriducibile pena”: ma tanto non lo possiamo fare per due motivi il primo perché siamo in quarantena il secondo perché Hugo non esiste. Ma col tempo se continuiamo a restare in casa cominceremo a parlare con i personaggi di Netflix ne sono sicura!

Intanto vorrei iniziare dall’espressione che Hugo, il bello e tontolone, tiene per tutto il tempo della serie: labbra pendente esterrefatto con gli occhi del cane orfano. Ma avendo delle meravigliose labbra da pesce pulitore Hugo, lo si perdona subito, avendo degli occhi penetranti lo si perdona pure, ma la “grazia” del suo corpo muscoloso e scoordinato e difficile da dimenticare. Eh sì! Ce lo propinano come spogliarellista insieme ad altri amici sempre Toy Boy, più o meno belli più di lui, il nero è la perfezione umana, e sempre più o meno tonti o comunque capaci di mettersi nei guai più allucinanti.

Dalla prostituzione per vecchie signore alla droga boliviana con una nonchalance inaudita attorno ad una cittadina dove non si fa assolutamente nulla o almeno questo appare. Altra chiave di lettura è l’atteggiamento maschilista da parte della polizia nei pregiudizi e stereotipi tenuti nei confronti della categoria degli stripper: ovvero i maschi stripper o prostituti vengono trattati esattamente come le donne che fanno questa professione, cioè con disprezzo. Hugo è stato condannato perché era un toy boy e quindi doveva per forza essere un delinquente non poteva far altro: ma perché c’è qualcun altro che fa un mestiere diverso in questa telenovelas? Ci sono gli spogliarellisti, i poliziotti, gli avvocati, i ricchi e gli psicotici. E poi ci sono le donne giovani mature e vecchiarelle che vanno al locale dei baldi toy boy a fare esattamente quello che fanno gli uomini nei locali corrispettivi infilano denaro nelle mutande dei giovanottoni tontoloni!

Il taglio della soap opera che è stato scelto dalla produzione premia senz’altro un pubblico analfabetico. I personaggi sono tutti monofocali: si tratta di trovare il colpevole per ogni loro turbamento, tormento e frustrazione. Il giovane Hugo per tredici ore non farà altro che mettersi nei guai dimostrando di essere ritardato in maniera grave, scollegato con il resto del mondo affetto da uno spettro autistico come quasi tutti i protagonisti di questa telenovela. Mi ricordano la sontuosa soap opera degli anni 80 “Anche i ricchi piangono”: due famiglie antagoniste, segreti sessuali, segreti di follia, nuove coppie all’orizzonte, almeno l’omosessualità non è più un problema, perché ci sono nuove barriere nuovi tabù: dall’incesto all’omopedofilia. Addirittura si sospetta di un padre che ha abusato del proprio figlio maschio! All’inizio le prime puntate ruotano su questa ignobile eresia e quindi ti fanno proseguire aldilà della banalità dei dialoghi, pensate che si capiscono anche in inglese, e tu ti dici e con questo ho sentito tutto, mannò…Hugo il Toy Boy, riesce ancora a stupirti…è la sua ossessione per la verità, la sua innocenza con la fidanzata, la sua bisessualità programmata, il suo entrare ed uscire dal personaggio che l’attore il 27 enne Jesùs Mosquera approdato alla serie tv per caso ci fa capire quanto ormai basti poco per essere un bravo interprete. E quanto ormai poco valga il senso di verità e di identità di fronte ad un bel corpo giovane e palestrato da consumare come un oggetto acquistato al supermercato!

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