Susanna Basile
Sito di Susanna Basile

Carmela Palumbo e il suo libro “Il Restyling efficace per la casa felice” edito da Carthago Edizioni

Tra design architettura e psicologia l’autrice ci racconta come la sua passione sia diventata un'attività lavorativa e cioè l’Interior Experience Designer

0

Ha scritto questo mirabile testo da leggere e consultare come un manuale psicologico sulla nostra abitazione anzi sull’intendere il nostro corpo come abitazione e l’abitazione come estensione del proprio corpo: lei è Carmela Palumbo che ci racconta la sua storia piena di domande e risposte come solo chi ha capito e compreso la natura umana fare.

Susanna Basile: Chi è Carmela Palumbo?
Carmela Palumbo: Sono una donna che esercita da oltre 20 anni una nuova professione la Interior Experience Designer. Strada facendo capirete di cosa si tratta esattamente. Sono nata in provincia di Catania e la mia vita, come quella di molti di noi, è costellata da molteplici esperienze, ognuna delle quali mi ha insegnato qualcosa che porto dentro di me con gratitudine. Ricordo, come fosse ieri, i miei primi corsi di psicodinamica mentale presso l’Accademia Europea C.R.S. I.D.E.A di Padova, nel 1990. Pochi anni dopo ho aperto e diretto uno tra i primi centri di creatività in Sicilia per lo sviluppo del pensiero divergente, subito dopo il mio incontro con Carmen Meo Fiorot, mia mentore, la quale mi ha molto incoraggiata e sostenuta. Ho insegnato Storia dell’Arte. Ho tenuto corsi di scenografia, progettato spazi per la comunicazione della brand identity e per la cura. Da alcuni anni sono membro della C.I.A.C. Confederazione internazionale per l’Architettura Curativa. Il bagaglio di esperienze e competenze che ho costruito nel tempo è del tutto personale e non convenzionale: affonda le radici nelle più innovative metodologie progettuali tra cui Experience e Human Centered Design, che mette al centro del progetto il cliente in quanto persona con i suoi bisogni psicofisici ed emozionali. A questo si aggiungono, quale arricchimento, i corsi di Feng Shui, oltre a un iter di studi trasversali fra cui psicologia, percezione visiva, prossemica, marketing, neuroscienze e in modo particolare la fotografia.

S.B.: Come si può incidere sul benessere o sul malessere di chi vive gli spazi che realizzi?
C.P.: La volontà di cimentarsi in questi studi, e acquisire determinate competenze, nasce proprio dalla consapevolezza di quanta responsabilità abbiamo, noi progettisti. Non si tratta solo di progettare un ambiente esteticamente gradevole, bensì di far star bene una persona nel corpo e nella mente. Una responsabilità enorme e una possibilità attribuita al progettista tutt’oggi ancora troppo sottovalutata. Il fascino irresistibile della complessità e profondità dell’essere umano mi attrae da sempre, così come lo studio dei suoi bisogni psicofisici ed emozionali. Mi affascina questa ricerca incessante del benessere, alimentata dal desiderio di essere felici. Mi adopero per soddisfare questi bisogni così profondi attraverso il mio metodo attraverso cui progetto spazi dove è possibile fare l’esperienza dell’abitare felice.

S.B.: Il “tuo metodo” in cosa consiste?
C.P.:  Il mio metodo si basa essenzialmente sulle emozioni e sulle sensazioni che i materiali e gli oggetti ci trasmettono grazie alle loro caratteristiche intrinseche, che si tratti di luci, di colori o di odori. Sono le emozioni che proviamo che arricchiscono le numerose esperienze multisensoriali. Dovete sapere che nella mia figura professionale sui generis convergono competenze da designer e attitudine al coaching. Negli anni ho avuto modo di verificare quanto sia funzionale e gradito ai miei clienti essere sostenuti anche dal punto di vista emotivo durante il percorso di restyling. Un percorso simile all’esperienza di un vero e proprio viaggio che mi piace definire viaggio verso casa.

S.B.: Quindi a questo punto ci puoi spiegare chi è l’Interior Experience Designer e di cosa si occupa?
C.P.: È risaputo che la progettazione degli interni fino a pochissimo tempo fa si è ispirata alla ricerca quasi esclusiva e direi ossessiva della forma e dei contenuti assoggettandosi alle mode. Bene, inizio col precisare che l’Interior Experience Designer, nella mia concezione, non è il progettista tradizionale ma è un designer evoluto. In quanto tale, tiene conto del fatto che lo spazio è abitato da un essere umano che ha bisogni fisici, ma anche psicologici ed emotivi e che lo spazio esterno è una proiezione del nostro spazio interiore.

Il designer è consapevole del fatto che la qualità del nostro vivere il quotidiano dipende da una relazione integrata con la natura e dall’osservanza delle sue leggi. Definisce bello quello che principalmente fa stare bene. Considera la bellezza una dimensione dell’essere a cui potere accedere, non più un qualcosa di estraneo da osservare.

L’Interior Experience Designer è un professionista che vede il cliente innanzitutto come persona, pertanto se ne occupa a trecentosessanta gradi. Un professionista che ha molte abilità e competenze fondamentali per declinare tutte le istanze di cui sopra e tradurle in soluzioni progettuali efficaci per un’esperienza di qualità. Io vedo il progettista che si prenderà cura in questa particolare epoca come un regista-scenografo, perché lo spazio diventa il palcoscenico, mentre il cliente è l’autore della rappresentazione. Il cliente riscrive, grazie al progettista che lo guida, il proprio copione di vita abitativa, le esperienze che vorrebbe vivere e le sensazioni che desidera provare. Il progettista prende visione di tutto e organizza la scenografia affinché sia idonea alla rappresentazione del nuovo copione, dove ogni elemento (arredi, luci, tipo di disposizioni e così via) ha un suo preciso scopo, è funzionale e quindi ha un senso.

S.B.: Quali sono le motivazioni che spingono un cliente a ricorrere a una figura come la tua?
C.P.: Le motivazioni sono diverse. Vuole essere certo del risultato, vuole essere guidato e sostenuto, compreso, ascoltato, vuole competenza. Vuole, inoltre, che sia riconosciuta e garantita la propria individualità, desidera una casa da vivere che lo rappresenti e non solo per apparire. Capita che abbia già fatto un restyling ma, dopo l’iniziale euforia per il cambiamento, in poco tempo si è stancato perché in realtà ciò non ha portato un benessere duraturo e profondo. Ma la motivazione più forte è quella di avere finalmente uno spazio proprio, dove trovare il benessere psicofisico necessario per una vita di qualità alta. Le persone stanno prendendo sempre più consapevolezza di vivere male dentro i propri spazi ma non capiscono quale sia la causa e non sanno come porre rimedio. C’è da considerare che siamo dentro un’epoca in cui, grazie ad internet, abbiamo ampio accesso alle informazioni e sembra che siano aumentate anche le opportunità di scelta. È ormai provato anche dalle neuro[1]scienze che, tuttavia, con l’aumentare delle possibilità, l’essere umano tende a bloccarsi e non sa come decidere, se non ha i giusti criteri per farlo: finisce per scegliere per stanchezza. La tendenza a essere eterodiretti è dilagante, è il momento di imparare a rivolgere lo sguardo verso noi stessi e cercare nello spazio della nostra interiorità le risposte che ci servono per ridefinire la qualità della nostra vita abitativa. Dal punto di vista del restyling, se si compiono scelte non funzionali, il danno risulta molto grave e perdura nel lungo periodo, un danno già rilevante per l’aspetto economico, ma che ha ripercussioni anche sul lato emozionale, perché ha effetti anche sulla qualità della vita quotidiana. Le persone oggi hanno bisogno di essere prese per mano per realizzare una trasformazione dei loro spazi, affinché diventino case e non più solo cose. Necessitano di una figura che li aiuti a capire perché vogliono cambiare e cosa desiderano ottenere e che poi sia in grado di realizzarlo in modo efficace. Una figura come la mia garantisce che l’ambiente in cui vivranno sarà quello in cui hanno sempre voluto vivere, in grado di procurare sensazioni e generare le emozioni funzionali al benessere che hanno sempre desiderano provare, ma che non sapevano fosse possibile sperimentare nelle proprie case.

 

S.B.: Hai parlato di conflitti di coppia. Come ti comporti quando i due coniugi hanno idee completamente discordanti l’uno dall’altra?
C.P.: Il restyling per la coppia è una cartina di tornasole del loro rapporto, gran parte dei problemi coniugali riemergono in questo processo. Dalla mia esperienza però ho constatato che i conflitti si innescano facilmente anche perché non si conosce pienamente la differenza che esiste tra uomo e donna a livello genetico, fisiologico e biologico, quindi per quanto riguarda i processi cognitivi che determinano le scelte, spesso opposte. La mancata conoscenza di queste differenze fa sì che si viva il percorso di restyling in modo conflittuale. Mi aiuta il fatto che il mio metodo è oggettivo, quindi tutto ciò che scelgo (materiali, texture, luci e ecc.) e che poi propongo ha una determinata valenza e l’essere funzionale al benessere non è opinabile. Da un lato mi sono di sostegno le nuove teorie nel campo delle neuroscienze, sia in merito ai pro[1]cessi decisionali, sia agli effetti determinati dai materiali; dall’altro, il fatto che faccio fare esperienza diretta di ciò che sostengo. Spiego loro che il fatto di trovarsi in apparente disaccordo sulle scelte inerenti alla casa è del tutto normale, perché l’uomo e la donna arrivano a una scelta dietro spinte di natura diversa: lui è principalmente funzionale, lei è emozionale. Comunemente viene visto come una ripicca il fatto che uno scelga l’opposto di ciò che ha scelto l’altro, quindi faccio in modo che la loro diversità venga vissuta come una complementarietà. Nel momento in cui spiego questo punto di vista, entrambi iniziano a vedere tutto sotto una luce diversa. Quello che doveva essere un motivo di litigio diventa in molti casi un’opportunità per entrambi di conoscersi meglio. Spesso alla fine i coniugi mi ringraziano e prendono atto di un’esperienza molto arricchente e inaspettata, che considerano un valore aggiunto.

S.B.: Un motivo per cui tutti dovrebbero leggere questa guida?

C.P.: Ogni essere umano ha bisogno di un posto dove vivere e che lo protegga. «L’uomo – sostiene M.Heidegger – esiste in quanto abita». Essere, quindi, equivale ad abitare. Secondo Petrosino «l’uomo esiste come uomo in quanto abita un luogo». Abitare, quindi, è instaurare una relazione intima e profonda con lo spazio, prendersene cura e dove allo stesso tempo prendersi cura di sé. Pertanto, tutti abbiamo il desiderio, ma anche la necessità, di crearci uno spazio che ci renda felici: la ricerca della felicità è alla base di tutti i desideri per un essere umano. Secondo Aristotele «ciascuno di noi è abitato da un desiderio profondo che alberga nelle latebre più intime del suo cuore». Recenti studi condotti dal team della Harvard University, sostengono che il 60 per cento della felicità dipende dall’esterno, ovvero da cultura e società su tutte, mentre il 40 per cento della felicità è dato, invece, da noi. Considerando che la casa è il primo posto dove cercarla, dobbiamo iniziare a crearla proprio nella nostra abitazione. Condivido l’idea di casa come spazio pro[1]gettato affinché ogni elemento contribuisca quotidianamente a far realizzare la versione migliore di sé. Perché è di questo che l’uomo oggi ha bisogno. Questa guida vuole essere il mio contributo, il primo passo. Inoltre ho inserito alcune informazioni di base la cui conoscenza è di grande aiuto a chiunque desideri avvicinarsi al mondo della casa in qualità di progettista con questo nuovo approccio esperienziale e a chiunque abbia l’ambizione di intraprendere la professione di Interior Experience Designer.

Commenti
Loading...